Il “cammino Inka” è un percorso che si snoda lungo alcuni dei punti più significativi di un’antica via incaica e permette di accedere a Machu Picchu da un punto altamente panoramico e suggestivo. Nella sua versione completa, inizia all’altezza del km 82 della ferrovia ed è lungo 46 kilometri, generalmente coperti in quattro giorni di cammino. Viene classificato come uno dei percorsi di trekking più spettacolari del pianeta.
“Nessuna delle strade romane che ho visto in Italia, in Francia o in Spagna, mi sembrarono più impressionanti di questa costruzione degli antichi peruviani. E pure la strada degli Inkas é ancora più straordinaria perche secondo i miei calcoli barometrici, si trova ad una altezza di 4040 metri sul livello del mare”
(Alexander von Humboldt, 1850)
Il modo più impressionante di conoscere la «Citta perduta degli inkas» é arrivandoci nella stessa forma che gli inkas: a piedi, percorrendo lo splendido sentiero di pietre, scale e gallerie attraverso strade in altitudini che sembrano essere più vicine al cielo che al fondo della gola dell’Urubamba. Questa strada reale di 43km é interrotta da impressionanti cittadelle inka che dominano il paesaggio. Raggiungendo le vette si scoprono panorami di cime innevate; scendendo alla «ceja de selva» (zona di confine tra le Ande a la giungla) sembra invece d’entrare in una galleria verde, tanta é l’abbondanza della flora tropicale. Quando uno raggunge l’ultima scala di pietra all’Inti Punku, appare agli occhi il caplolavoro del impero Inka: Machu Picchu.
Le strade degli Inca: il grande vincolo dell’Universo andino
I 23.000 km di sentieri degli Incas non rappresentavano esclusivamente il potere dello stato ma soprattutto il vincolo tra il naturale ed il soprannaturale, dentro un universo culturale che si estendeva dal nord dell’Argentina e Cile fino agli altipiani del Venezuela.
Il sistema di viario incaico comprendeva due grandi cammini lungitudinali: uno, della costa, collegava il territorio cileno con Tumbes, l’altro, la colonna vertebrale dell’Impero, univa Cusco con Quito, attraversando tutta la “sierra”.
In parecchi tratti era lastricato e dotato di drenaggi, ponti, grandi muri di sostegno e di difesa, terrapieni, scalinate. Il grande cammino della sierra, il Qhapaq Ñan arrivava a misurare in alcuni punti i 16 metri di larghezza. Alcuni passaggi erano provvisti di due sentieri, uno amplio e ben irrobustito, l’altro angusto e meno agevole; attraverso il primo passava l’Inca ed il suo seguito reale ed invece il secondo era utilizzato dai membri del popolo minuto.
Nella costa del sud, presso la Quebrada de la Huaca, è possibile osservare un sentiero trasversale lungo il quale veniva trasportato il pesce fresco dal mare fino alla capitale imperiale, Cusco.
Il soprannominato cammino di Chinchaysuyo, era il più importante di tutti. La sua realizzazione, durante il governo di Tupac Yupanqui, fu l’opera statale più straordinaria della fase imperiale.
Gli Incas misurarono e realizzarono gli spazi in accordo con il sistema sociale vigente e grazie a questo modo di organizzarsi, svilupparono una tecnologia viaria ammirevole, approfittando anche di alcuni tratti già tracciati dalle civilizzazioni anteriori, e paradossalmente lasciarono una preziosa eredità ai conquistatori venuti dall’Europa.
Nell’estremo nord, da Cajamarca, il Qhapac Ñan prendeva la direzione della provincia equatoriana di Loja fino a Tomebamba, l’odierna Cuenca. Da Loja il cammino passava attraverso il tambo (punto di sosta e di ristoro) di Mariviña ed il tambo di Bola. Presso Cuenca, luogo di sentieri di ammirabile realizzazione, i grandi tambo erano Tambo Blanco, lo stesso Tomebamba, Paredones e Ingapirca, nella zona denominata Hatun Cañar.
L’entrata all’attuale territorio equadoriano fu accompagnata da una totale trasformazione dello spazio. L’organizzazione del lavoro si realizzò in base ai sistemi di rotazione inca, ideati al fine di dotare l’Impero di beni e servizi. Per questo motivo, e perchè questo cammino fu il frutto delle ultime conquiste durante la fase superiore dello sviluppo inca, la sua costruzione è di grande qualità.
A sud i sentieri erano quello del Contisuyu e quello del Collasuyo, che gli Incas divisero in due: l’Umasuyu e l’Urcosuyu, lungo le rive orientale e occidentale del lago Titicaca. Cammini di interconnessione univano le grandi arterie. Nei limiti attuali di Arequipa, Puno e Cusco, tra il Contisuyu ed il Collasuyu, si trova un tambo reale, provvisto di grandi depositi circolari, che furono usati pure dagli spagnoli per conservare bevande ed alimenti.
Alla fine di una giornata di marcia, una volta coperta una distanza di circa 30 km., si arrivava ad un grande tambo.
I tambo reali erano dotati di costruzioni simili a veri e propri palazzi, con depositi e magazzini, chiamati “collcas”, luoghi di riunione, abitazioni per il personale di servizio. Inoltre esistevano punti di passaggio tipo posta, i chaskiwasis, usati come locande dai leggendari messaggeri dell’Impero, i chaskis. Le stime più attendibili parlano di circa 2000 tambo sparsi lungo il Qhapac Ñan. La sapiente gestione dell’energia umana, in relazione alle difficoltà dell’ambiente, con le quali le società andine seppero convivere in armonia ed equilibrio, determinò criteri di misurazione e di utilizzo dello spazio che i conquistatori con le loro conoscenze e le loro tecniche occidentali non hanno potuto, o voluto, apprendere e conservare.